A proposito di Fede e scienza
Intervista al card. Poupard

Si puo' mangiare la mela di Darwin

Il pontefice si e' di recente pronunciato con parole nuove sulle tesi di Darwin riguardanti l'evoluzione della vita. Perche' questa scelta e qual e' a sua avviso la portata di questa novita' per quel che riguarda i rapporti tra fede cattolica e scienza?

A dire il vero, il pontefice non si e' riferito direttamente alle tesi di Darwin, ma alla teoria dell'evoluzione. Inoltre, come si sa, dalla teoria di Darwin sono nate molte teorie 'figlie'. Oggi, come scrive il santo Padre, piu' che della teoria dell'evoluzione conviene parlare delle teorie dell'evoluzione. C'e' anche da precisare - come sottolineano molti biologi - che la lotta per la vita, la selezione naturale, le mutazioni e il caso, offrono spiegazioni dell'evoluzione che sono soltanto parziali.

D'altra parte, nelle parole del Papa c'e' una novita': le teorie dell'evoluzione vengono considerate piu' che una mera ipotesi. Questa novita', in realta', non e' un cambiamento della tradizionale dottrina cattolica, ma risulta dal fatto di prendere in considerazione gli sviluppi scientifici degli ultimi decenni. Inoltre, non e' la prima volta che Giovanni Paolo II parla di questo argomento. Piu' concretamente, il 26 aprile 1985, il Papa ricevette in udienza i partecipanti a un simposio internazionale su Fede cristiana e teoria dell'evoluzione, e rivolse loro un discorso nel quale affermava, tra l'altro, che l'evoluzione presuppone la creazione, precisando che la fede ha qualcosa da dire di fronte ai tentativi di ricondurre tutti i fenomeni spirituali inclusa la morale e la religione al modello-base della evoluzione.

Infine, il messaggio del Papa alla Pontificia accademia delle scienze colpisce per il tono di apertura e di serenita' caratteristico di tutto il suo pontificato. E' l'atteggiamento proprio del cristiano di fronte alle scoperte scientifiche: non paura, ma un grande interesse per conoscere sempre meglio le meraviglie del creato. Omnia veritas a Deo: ogni verita' viene da Dio.

Specie negli Usa, la controversia tra creazionisti ed evoluzionisti e' da lungo tempo in corso ed e' centrale non solo dal punto di vista scientifico ma anche per le sue implicazioni etiche. Come la considera? Che cosa puo' produrre nella controversia la nuova posizione assunta dal pontefice?

Dal punto di vista cattolico, non c'e' contraddizione tra creazione ed evoluzione. L'eventuale processo evoluzionistico della vita non toglie nulla alla realta' della creazione divina. Per quanto riguarda la controversia tra evoluzionisti e creazionisti, vorrei sottolineare un solo punto: la confusione nata dal mescolare nell'insegnamento delle teorie evoluzionistiche considerazioni non scientifiche, come per esempio un materialismo senza alcuna base scientifica. Questo era tipico del marxismo, con le sue pretese 'scientifiche', che erano pure illazioni ingiustificate; direi che e' ormai tempo di voltare pagina.

Sono in molti a sostenere che la moderna cosmologia e la genetica contemporanea distruggono ogni possibile umanismo, confutano l'intera visione dell'universo su cui si e' fondata la teologia cattolica e per questa via conducono all'ateismo. Come risponde a tali tesi?

Direi che sarebbe piuttosto difficile, sia per la cosmologia che per la genetica, distruggere l'umanesimo. Infatti, ambedue sono scienze possibili soltanto se esiste l'uomo, e per di piu' un uomo sufficientemente intelligente per poter fare scienza. La scienza e' grande, certo, ma non puo' spiegare tutto, e non puo' spiegare tutto sull'uomo. Percio', direi senz'altro che la vera scienza non puo' condurre all'ateismo. Questo assolutizzare la scienza, secondo me, sembra piuttosto tradire la scienza stessa e rovinare quindi l'uomo. Da parte sua, la teologia cattolica non trova il suo fondamento in una visione del mondo che possa essere confutata dalla scienza, bensi' nella Rivelazione di Dio nella quale crede con fede salda. La fede vede al di la' delle scienze.

Quel che e' in ogni caso chiaro e' che le scienze modificano la visione teologica del mondo. In che termini e' giusto porre il rapporto tra queste due forme di conoscenza? In altri termini, la scienza e' forse produttrice indiretta di verita' teologica e in che senso e con quali limiti?

Per rispondere al suo quesito, direi che le scienze modificano la visione scientifica del mondo, non la visione teologica. Infatti, la scienza puo' produrre solo verita' scientifiche. Cosi' arricchisce la nostra conoscenza del mondo, mentre la filosofia e la teologia la prendono in grande considerazione. Pero', chi dice scienza dice pieno rispetto della propria epistemologia. Cercare nella scienza le risposte a problemi teologici e' uno sbaglio epistemologico che non va certo a beneficio della stessa scienza e del rigore che le e' proprio.

E' vero: il progresso delle scienze ha modificato l'immaginario religioso cristiano, purificandolo anche da elementi sbagliati, e questo e' un grande e bel servizio della scienza; pero', le scienze sperimentali possono dare una risposta parziale e non esauriente al problema della verita' dell'uomo considerato in tutte le sue dimensioni. Ecco il motivo delle precisazioni del Papa riguardo alla spiritualita' dell'anima e alla sua creazione immediata da parte di Dio.

Accreditare l'ipotesi darwiniana non ha forse riflessi sulla dottrina del peccato originale? Come si deve concepire la caduta?

Come abbiamo gia' detto, il Papa non ha parlato di Darwin e non ha accreditato l'ipotesi darwiniana. Quest'ultima mira a spiegare l'evoluzione per mezzo della selezione naturale. Nel nostro secolo, la visione di Darwin e' stata aggiornata includendo gli sviluppi della genetica. Comunque, si tratta di un'ipotesi discutibile, perche' i meccanismi veri dell'evoluzione rimangono tuttora molto misteriosi. Percio', l'indubitabile valorizzazione da parte del Papa di queste teorie dell'evoluzione non deve far dimenticare un altro aspetto messo in rilievo :le teorie dell'evoluzione che, in funzione delle filosofie che le ispirano, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o come un semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verita' dell'uomo. (...) Con l'uomo ci troviamo dunque dinanzi a una differenza di ordine ontologico, dinanzi a un salto ontologico.

Per quanto riguarda la dottrina del peccato originale, vorrei tornare alla distinzione epistemologica fondamentale. Il peccato originale e' un dogma di fede e non appartiene all'ambito scientifico. Per dirla con il mio Pascal: c'est d'un autre ordre - e' di un altro ordine -, mystere sans lequel tout est mystere, - mistero senza il quale tutto e' mistero.

Riferisco la precedente domanda in particolare alla dottrina della caduta propria dell'Ortodossia, secondo cui la caduta e' precisamente "caduta nei sensi, che aggiunge all'essere umano la vita animale" (cfr. Paul Evdokimov). Accreditando Darwin si sostiene che e' Dio ad aggiungere lo spirito alla vita animale. Non si tratta di una prospettiva opposta? Come chiarire la questione che potrebbe celare equivoci paradossali?

Quello che lei mi propone e' un bel paradosso! Vorrei dire semplicemente che Dio non aggiunge lo spirito a una vita animale. Parlare di un'eventuale origine del corpo umano dalla materia viva preesistente non vuol dire, mi pare, che Dio abbia aggiunto lo spirito umano a una scimmia. Lo spirito non si aggiunge al corpo. E il corpo umano e' specificamente umano, non e' quello di un animale. Anche la vita umana, della quale l'anima e' il principio, e' specificamente umana. Percio', solo la creazione immediata da parte di Dio puo' spiegare l'apparizione dell'uomo. Questo - perche' no? - e' potuto avvenire nel contesto di un grande disegno evolutivo, con una materia viva in evoluzione, secondo i piani divini, fino ad arrivare alla creazione dell'uomo. In questa luce, che senso ha domandarsi se e' lo spirito che si aggiunge alla vita animale o se e' la vita animale che si aggiunge allo spirit umano?

E' tradizionale il confronto teologico, in ambito cristiano, tra chi accentua la separatezza tra anima e corpo (secondo l'influsso platonico) nell'uomo e chi considera invece l'uomo singolo. Nota e' poi la sistemazione tomista di tale problema. L'accettazione dell'ipotesi darwiniana non riapre la questione e non favorisce le ipotesi teologiche di una maggiore separazione?

Non mi pare che l'accettazione dell'ipotesi evoluzionistica favorisca ipotesi teologiche circa una maggiore separazione tra anima e corpo, perche', nello studio dell'anima spirituale, sono la filosofia e la teologia a illuminarci, non la scienza biologica. Per quanto riguarda la soluzione concreta del problema, la tradizione cattolica insiste molto sull'unita' della persona umana, come essere insieme corporeo e spirituale. Si ricordi la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II: l'uomo e' unita' di anima e di corpo, corpore et anima unus. Dall'altra parte, cio' non toglie che l'anima si possa anche separare dal corpo senza perire. Questo, infatti, e' cio' che accade nel momento della morte, finche' l'anima non si unira' di nuovo al corpo nel momento della risurrezione. Unita' e separabilita' dell'anima e del corpo sono due aspetti paradossali del problema che vengono conciliati in una sana antropologia.

Nel Vecchio Testamento si legge che Dio ha reso l'uomo signore di tutte le cose create. Tenendo conto di Darwin come puo' interpretarsi cio'? E' possibile che l'esser l'uomo frutto dell'evoluzione biologica conduca a una visione piu' ecologica del rapporto uomo/natura?

Senz'altro, il rapporto dell'uomo con la natura puo' essere illuminato dalla visione evoluzionistica della vita e dell'universo. I recenti sviluppi delle scienze suscitano nel credente una grande ammirazione di fronte alla grandiosita' del disegno di Dio, che non cessa mai di stupirci.

Darwin viene da molti considerato padre della moderna scienza biogenetica. E oggi e' questo uno dei fronti caldi nel rapporto scienza/fede. Quali sono i rischi, secondo lei, dell'intervento dell'uomo sulla genetica? La Chiesa deve rifiutare questo tipo di attivita' o proporre una sua limitazione? E una limitazione fissata da chi e alla luce di quali principi?

Se mi consente, direi innanzi tutto che il padre della genetica, piu' che Darwin, e' Mendel, il quale non solo e' stato uno scienziato geniale per aver scoperto le leggi dell'eredita', ma anche un uomo di fede e abate di vita esemplare. Per quanto riguarda i limiti dell'intervento dell'uomo sulla genetica, questi dipendono dalla dignita' dell'uomo come persona creata a immagine di Dio. Quando la Chiesa ricorda tali limiti non fa altro che difendere la dignita' della persona e il suo diritto inalienabile a non essere manipolata.

La scienza biologica e la biotecnologia sono un campo di serrato confronto e di contrasto tra credenti e non credenti, Chiesa e donne. Come deve realizzarsi oggi su questo terreno il dialogo? Individuando cio' su cui si e' d'accordo e accantonando il resto o discutendo, con spirito di costruttiva discordia, tutto cio' su cui vi e' disaccordo?

Come si realizza il dialogo? Secondo me, ricercando umilmente la verita'. E' la verita' che unisce tutti gli uomini. occorre ascoltare con umilta' i pareri degli altri, per discernere quello che contengono di vero. E per i credenti, questo discernimento ragionevole viene fatto anche e soprattutto alla luce della Rivelazione.

A proposito di questo dialogo darei, come esempio significativo, la rilettura del conflitto tra la nuova astronomia e la Sacra scrittura, intrapresa per iniziativa del santo Padre Giovanni Paolo II. Come si sa, e' giunta a termine il 31 ottobre 1992 con la relazione, che ho avuto l'onore di fare, sui lavori della Pontificia commissione di studi sulla controversia tolemaicocopernicana nei secoli XVI e XVII, e con le conclusioni del Papa, come potra' leggere nel mio recente libro La nuova immagine del mondo. Il dialogo tra scienza e fede dopo Galileo, edito quest'anno dalla Piemme.