E' possibile un incontro tra la cultura laica e la cultura cattolica?

Nei due contributi precedenti abbiamo usato indifferentemente il termine laico (e quindi abbiamo parlato di laicità) e il termine laicista (e quindi abbiamo parlato di laicismo).

E' giunto il momento di fare le opportune distinzione per una maggiore chiarezza del discorso.

La questione era già presente nelle sue linee essenziali a S. Tommaso che ne ha trattato a proposito dei rapporti tra ragione e fede, anche se egli non ha usato i termini "laicismo" e "laicità" che allora avevano un significato un po' diverso da quello di oggi.

La fede - secondo S. Tommaso - esercita una specie di controllo sulla ragione per evitare che questa affermi qualcosa in contrasto con la rivelazione (ciò che la farebbe cadere in errore), essendo la rivelazione parola di Dio.

Ma anche la ragione, esercita una specie di controllo sulla fede.

La ragione si applica alle verità rivelate non per dimostrarle (ciò è impossibile: se lo facesse che verità rivelate sarebbero!), ma per chiarirle e, in un certo qual modo (quodammodo), penetrarle, mostrando in tal modo la loro ragionevolezza (non la loro razionalità).

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Ma questo controllo della ragione sulla fede però, non può riguardare la natura o l'essenza delle verità rivelate; non può la ragione essere misura della validità della fede, altrimenti si cadrebbe nel "razionalismo" che pretende di giudicare tutto e di rigettare ciò che alla ragione non è evidente, escludendo quindi il trascendente.

Questo atteggiamento. che noi abbiamo chiamato "razionalismo", si esprime più comunemente col termine 1aicismo" e i seguaci si dicono 1aicisti", ben diversi dai 1aici" e dalla 1aicità". Il laico, pur dichiarando non dimostrabile razionalmente ciò che è al di là della ragione., non nega l'esistenza e la eventuale validità di ciò che oltrepassa la ragione stessa.

Più in generale i laicisti affermano l'assoluta indipendenza dell'uomo e delle realtà terrene e da Dio e dalla legge morale che in Dio ha il suo fondamento.

I laici, invece, non è che accettano che l'uomo e le realtà terrene acquistino il loro valore e la loro verità dalla religione o dalla Chiesa; essi sostengono semplicemente che l'uomo e le cose hanno il loro valore in se stessi, ma non escludono che questo valore ultimamente si possa attribuire all'atto creativo di Dio.

L'uomo quindi, e così la pensava pure S.Tommaso, per quanto concerne le attività "mondane" o terrene (e fra queste, per es., c'è lo Stato e la politica), si muove su un piano di autonomia e di autosufficienza, e la religione e la Chiesa non devono intervenire direttamente sulle questioni puramente terrene, anche se possono e devono intervenire per ricordare che Dio è il creatore di tutte le cose e che è Lui che ha posto le leggi e i fini in grazia dei quali le realtà terrene si arricchiscono e si elevano.

Lo Stato, per es., ha origini e fini terreni e un ordinamento autonomo,, e la Chiesa non può confondersi con esso o interferire in esso, perché 'la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome nel proprio campo" (Gaudium et Spes 76).

I laicisti purtroppo però considerano una "interferenza" qualunque intervento della Chiesa sui problemi che riguardano il campo sociale e politico, negando così ad essa il diritto di predicare la fede, di insegnare la sua dottrina sociale, di esprimere giudizi di carattere morale sulle questioni sociali e politiche.

La distinzione che c'è tra Stato e Chiesa non vuol dire separazione, ossia opposizione e contrasto, o peggio ancora, contraddizione, anzi fra questi due ordini vi deve essere collaborazione e reciproco aiuto perché entrambi sono a servizio della persona umana e questa deve essere vista nella sua integrità di anima e di corpo, ossia nella sua destinazione terrena, ma anche nella sua vocazione trascendente.

Con queste considerazioni, come vedete, siamo entrati nel vivo dell'argomento di questa sera, per affrontare il quale dobbiamo rispondere prima di tutto a due quesiti.

Il primo è di vedere qual è in sintesi (dico in sintesi perché in maniera più dettagliata l'abbiamo visto nel primo contributo) l'atteggiamento del laicismo nei riguardi della fede, e viceversa vedere l'atteggiamento della fede di fronte al laicismo. Il secondo è di accertare se e possibile procedere dalla posizione di intransigente chiusura del passato da parte di questi due fronti a una reciproca comprensione, anzi a un vero e proprio dialogo.

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Quando si parla di dialogo non si vuol dire che si deve passare sopra ai contrasti insanabili che sussistono tra la fede cristiana e il laicismo. tra la cultura laica e quella cattolica: si farebbe con ciò uno sterile e pericoloso sincretismo. Si vuole solo dire che si deve accertare se ci sono, e vedremo che ci sono,, dei punti di contatto e di incontro tra questi due mondi al fine di stabile un discorso permanente e proficuo.

Fino a poco tempo fa, infatti, c'è stato da parte laicista un rifiuto totale dei contenuti del cristianesimo,, considerato come una manifestazione di infantilismo e di ignoranza. Ma anche da parte cattolica, a volte, c'è stato un rifiuto di quanto di positivo e di accettabile si riscontra nel valori che il mondo laico professa.

Qual è dunque in sintesi l'atteggiamento del laicismo nel riguardi della fede?

Esso fondamentalmente parte da un antropocentrismo esasperato, nel senso che considera totale l'autonomia e l'autosufficienza dell'uomo, per cui questi non sarebbe soggetto a nessuna verità e a nessuna legge morale che trovino il loro fondamento fuori dell'uomo.

Quindi per i laicisti non esiste nessuna rivelazione, e non c'è legge morale che non abbia la sua origine nell'uomo. L'uomo vive nella storia e tutto è storico, ossia contingente, passeggero, mutevole, provvisorio. Non ci sono verità assolute, non esiste una morale valida per sempre.

L'uomo è sufficiente a se stesso,, sa raggiungere da sé la sua perfezione e la stia felicità grazie alla sua ragione e alla sua volontà. Non ci sono misteri", perché tutto ciò che non è evidente alla ragione è contro la ragione.

Per essi, quindi, non c'è bisogno di nessun Essere supremo, che non solo non è necessario, ma è addirittura dannoso per l'uomo perché lo limiterebbe nella sua libertà e nelle sue aspirazioni.

Il laicismo non si presenta però compatto e uniforme; esso manifesta varie sfaccettature che vanno dall'ateismo più radicale, con una opposizione violenta alla Chiesa e alle sue istituzioni, all'ammissione di un Essere Supremo, (è il famoso deismo degli illuministi), Essere Supremo però che rimane lontano ed estraneo all'uomo e alle sue vicende terrene e che si identifica a volte con la natura, a volte con l'umanità, a volte con una specie di forza vitale. Rimane comunque un principio astratto e nebuloso.

Questo tipo di laicismo rispetta la religione, a patto però che essa sia un fatto privato, che si risolva nell'intimo della coscienza di ciascuno, che non dia luogo a pratiche esterne e, meno che mai, cerchi di influire sulla vita pubblica dell'uomo.

Un altro atteggiamento che caratterizza il laicismo è la ferma convinzione che l'uomo è un essere esclusivamente naturale, come lo sono le piante e gli animali. Non che il laicismo, si badi, neghi l'aspetto spirituale dell'uomo accanto a quello materiale; anzi quasi tutti i laicisti sono convinti che l'uomo ha sicuramente un'anima spirituale e coltiva interessi di natura spirituale. Il fatto è che essi pensano che l'uomo ha origine dalla natura e la sua vita si esaurisce e si estingue in un approdo naturale, senza nessuna prospettiva ultraterrena.

Per essi quindi non esiste un piano soprannaturale a cui l'uomo sia destinato,, non esiste un piano della grazia, ne un intervento salvifico da parte di Dio perché per essi, dai peccati, ammesso che esistano, è l'uomo stesso capace di liberarsi.

Scrive Luigi Firpo (già titolare della cattedra di storia del pensiero politico e tra i più noti esponenti del laicismo): "Abbandona l'orgoglio di essere fatto a immagine e somiglianza di Dio. Ricusa la superstizione e i miti. Guarda come ti cibi e partorisci. Sei un animale sociale dotato di ragione; fanne la tua guida unica, con ostinato rigore".

Come si vede per il laicista tutto ciò che riguarda il mondo della fede fa parte del mito e della superstizione.

Un altro atteggiamento caratteristico del mondo laicista è la profonda avversione che esso nutre nel riguardi della Chiesa e della sua presenza nel mondo. Non che i laicisti contestino la missione religiosa e salvifica della Chiesa, è che essi non accettano che la Chiesa abbia una sua organizzazione in campo sociale o abbia delle istituzioni di carattere educativo o assistenziale. Essa deve essere. per loro, una società religiosa di carattere privato o, come si diceva una volta, chiusa nelle sacrestie.

Da queste riflessioni si evince chiaramente che il laicismo è l'erede diretto di quel complesso movimento culturale, affermatosi in Europa tra la fine del 1600 e tutto il 1700, che va sotto il nome di Illuminismo.

L'illuminismo esalta la ragione, ma la ragione di cui esso parla è una ragione scientifica, matematica, legata ai sensi. Essa non va oltre il mondo sensibile, oltre l'esperienza; non è capace di penetrare la realtà profonda delle cose, non è ritenuta m grado di conoscere le verità soprasensibili, di applicarsi alle verità soprannaturali.

La Ragione degli illuministi, inoltre, è una ragione strumentale, nel senso che essa non ha, come avveniva nel mondo classico e medievale, lo scopo di cercare e conoscere la verità oggettiva e la verità assoluta, di conoscere l'uomo nella sua profondità e di ricercarne i fini, ma ha unicamente lo scopo di conoscere la realtà per dominarla e trasformarla.

In questo l'illuminismo è la fase più matura di un consistente filone dell'Umanesimo e del Rinascimento che, oltre ad affermare la centralità assoluta dell'uomo (e di conseguenza la messa in mora di Dio), proclama con Francesco Bacone che la sapienza non è più l'instaurazione del regno della verità fra gli uomini, come si pensava da Aristotele in poi, ma l'instaurazione del regno dell'uomo sulla natura e sulle cose.

Si comprende il perché la cultura cattolica e la Chiesa oppongono a queste posizioni laiciste una netta chiusura: i cattolici sono preoccupati di difendere la presenza di Dio nella società civile e nella vita di ciascun uomo.

Non si può però tacere della presenza, a volte, di una specie di integrismo cattolico che fa da pendant all'integrismo laicista, con certi vagheggiamenti di un ritorno a modelli di pensiero e di comportamenti di altre epoche, per es. il medioevo. Si dimentica così che la fede cristiana, come abbiamo precisato, non si incarna definitivamente e totalmente in nessuna epoca e in nessuna cultura.

Se questi sono i macigni posti sulla strada dell'incontro e del dialogo, quali sono invece i motivi comuni che possono favorire il colloquio e la comprensione reciproca tra la cultura laica o laicista e quella cattolica'?

Innanzitutto al laicismo va riconosciuto il mento storico di aver elaborato e approfondito i valori della razionalità, della libertà di coscienza. del pluralismo, della storicità di certi aspetti della vita e della società civile, dell'autonomia dello Stato.

La cultura cattolica, dopo un lungo travaglio e dopo averli purificati da talune storture o da certi aspetti inesatti, ha accolto questi valori e li ha fatti propri e non ha timore di ammettere di avere un debito di riconoscenza verso il mondo laico.

E' bene affermare però, e molti pensatori laicisti sono d'accordo, che quei valori sono fondamentalmente valori cristiani che trovano la loro lontana origine nell'insegnamento del Vangelo. E' stato il cristianesimo infatti a rivendicare il valore della persona umana, ad affermare che essa ha una valore assoluto, perché la persona essendo ordinata a un fine trascendente, che è Dio, non è subordinata a nessuna finalità mondana: di qui la condanna di ogni assolutismo politico (totalitarismo), di ogni assolutismo statale (statolatria), di ogni assolutismo familiare (schiavitù).

E' vero pure però, che per una serie di circostanze storiche quegli ideali e quei valori, nati con il cristianesimo, erano stati dalla Chiesa stessa spesso trascurati e a volte dimenticati, se non addirittura rifiutati. Spetta alla cultura laica il merito di averli indagati a fondo e chiariti.

E' stato in seguito a questo processo di chiarimento e di precisazione da parte della cultura laica che la cultura cattolica ha definitivamente acquisito "che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri e hanno una loro propria consistenza, verità, bontà (Gaudium et Spes).

Dire che la cultura. la politica, l'economia, lo Stato, la scienza hanno un valore proprio, significa dire che essi non sono soggette alle nonne della religione e alle leggi della Chiesa.

Questo non significa però che la Chiesa non debba, richiamare e ricordare agli uomini le finalità naturali di queste realtà, che proprio perché naturali, sono volute da Dio.

Bisogna però precisare, per rispetto della verità storica, che già S.Tommaso, in epoca in cui la società civile non si poneva ancora il problema del rispetto reciproco tra le due sfere, aveva chiaramente affermato che "Ragione e fede sono nel proprio campo autonome e autosufficienti" e che "Stato e Chiesa sono nel loro ambito indipendenti e sovrani ".

Purtroppo le circostanze storiche hanno fatto dimenticare alla stessa cultura cattolica questi insegnamenti che, se fossero stati tenuti presenti e custoditi, avrebbero sicuramente evitato contrasti violenti e lacerazioni profonde, come per es., per citare un caso, il famoso processo di Galileo!

Abbiamo detto che le realtà terrestri, come la scienza, lo Stato, la politica hanno un valore proprio e non sono soggette alle norme della religione e a quelle della Chiesa, ma soltanto alla ragione umana. Esse però non sono indipendenti da Dio e dalla legge morale, né si muovono su un piano opposto a quello religioso ed ecclesiastico.

La persona umana, per es., ha diritto alla libertà religiosa, ed è compito dello Stato quello di favorire gli uomini nel compimento dei loro diritti, di fronte ai quali esso non può dichiararsi indifferente ed estraneo.

Adempiendo a tale dovere, ossia garantendo questo diritto, lo Stato non si mette al servizio della religione o della Chiesa, ma soltanto, come è suo compito, a servizio della persona, la quale ha diritto alla libertà religiosa e al libero esercizio di essa.

Bisogna però dire, purtroppo, che molto spesso la cultura laicista manifesta atteggiamenti di sufficienza e di chiusura. di fronte a questi problemi, il che non facilità né la comprensione, né il dialogo.

Vi è però da sottolineare, fortunatamente, che la parte più attiva e sensibile della cultura laicista si dimostra molto attenta alla necessità di aprire un dialogo e di trovare delle intese con la cultura cattolica.

Studiosi laicisti come Cardia, Cotroneo, Maffettone ed altri, nei loro scritti, si dimostrano molto preoccupati del fatto che la civiltà del benessere sta plasmando un uomo materialmente ricco, ma spiritualmente e umanamente povero, per cui l'uomo nuovo, sazio ed egoista, finisce col vedere restringersi quei valori che costituiscono la sua identità.

Essi pertanto auspicano una sorta di "concordismo etico" e una nuova razionalità nella quale dovrebbero confluire tanto i valori cristiani che i valori della cultura illuministica con l'unica finalità di salvare l'uomo, in quanto - a loro modo di vedere - entrambe le posizioni affermano la centralità, dell'uomo.

Come si vede, le intenzioni sono lodevoli e i propositi incoraggianti, rimane solo il dubbio se taluni ibridismi e certe commistioni di per sé inaccettabili possano creare il sospetto che, per essi, il fatto cristiano abbia concluso la sua vicenda storica.

E` sempre presente, infatti in questi pensatori laicisti la convinzione che l'uomo è capace di costruire con le proprie forze un progetto di salvezza che valga per se e per il mondo.

E' vero infatti che tanto per la cultura neo-illuministica che per la cultura cristiana l'uomo gode di una centralità indiscussa, ma egli è una valore autonomo e assoluto per l'etica laica, un valore altrettanto assoluto ma la cui norma è data da Dio perì il cristianesimo.

Come si vede i termini sono molto simili, ma i significati molto

Ma con quale spirito la cultura cristiana guarda. al mondo moderno e alla cultura che in esso si va evolvendo?

Sulle tracce segnate dal Concilio la cultura cristiana sostiene che "La Chiesa non è mossa da ambizioni terrene e che il suo scopo non è di condannare, ma di salvare e di servire e non di essere servita, e di rendere testimonianza alla verità. "(G. S.)

La Chiesa non intende restare fuori dalla vita sociale e politica, ma con la sua attività intende immettere ideali che contribuiscono a rendere più umana, più giusta e più aperta ai valori dello spirito la convivenza degli uomini.

La cultura cattolica, attuando le direttive del Concilio, non vuole creare dei contraltari alla cultura laica, ma intende dare un contributo efficace alla promozione umana.

Il Concilio, ispirandosi all'enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI (agosto 1964), afferma che la Chiesa vuole entrare in dialogo con il mondo moderno sul grandi problemi che riguardano l'uomo e il suo destino.

Essa vuole illuminare con la luce della fede i valori che il mondo moderno ha elaborato e che custodisce gelosamente, al solo fine di ricondurli alla loro sorgente che è Dio, unico creatore.

Questi valori che il mondo laico ha elaborato sono la dignità della persona umana, la libertà, l'uguaglianza fra gli uomini, la solidarietà, il rispetto degli altri, la dignità del lavoro, la lotta contro tutte le discriminazioni, la pace ecc.

Tutti questi valori laici sono buoni perché è Dio stesso che gli ha messi nella coscienza dell'uomo; essi trovano in Cristo la loro radice e nel cristianesimo chi per primo li ha trasmessi, tramite la diffusione del Vangelo.

Non ha senso quindi il pregiudizio laicista secondo il quale è necessario negare Dio se si vuole affermare la centralità dell'uomo; e l'altro pregiudizio secondo cui l'esercizio effettivo della libertà dell'uomo troverebbe in Dio un ostacolo perché questa possa esplicarsi. (Cf Sartre)

E' vero il contrario invece. L'uomo non può realizzarsi autenticamente come uomo se non stabilendo un rapporto filiale con Dio a cui deve il suo esistere e la sua dignità.

Un breve cenno, avviandoci alla conclusione, a, quella posizione della cultura laicista, affermatasi negli ultimi anni, che va sotto il nome di Postmoderno.

Dire che cosa sia il postmoderno è difficile perché esso, anche in Italia, a cui si limita la nostra riflessione, esprime più una tendenza che esiti definitivi. E' insomma un processo aperto e in fieri e suscettibile di cambiamenti (in Italia, per inciso le personalità più rappresentative di questa posizione, oltre Vattimo, sono: Giulio Giorello, Paolo Flores D'Arcais e, per certi versi Ernesto Galli della Loggia, dei tre il meno lontano, mi pare, dalle posizioni cattoliche).

Il postmoderno è certamente il segno di un. trapasso, di una svolta epocale nella quale giungono a maturazione le motivazioni più diverse.

Coloro che si considerano espressioni di questo atteggiamento culturale (che è di matrice laica, beninteso) prendono atto del fatto che nella società; di oggi, e conseguentemente, nella cultura di oggi, si sono purtroppo affermati tre primati:

1) il primato del fare, per cui l'unico scopo dell'uomo e quello di consumare per produrre e di produrre per consumare;

2) Il primato della tecnica sull'etica, per cui tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente valido, di qui la manipolazione genetica, la clonazione ecc. (vorrei solo ricordare che ai tempi della cultura umanistica questo atteggiamento era impensabile perché c'era un primato dell'essere, vale a dire una oggettività, e non soggettività, dei valori morali che non potevano essere manomessi dalla volontà dell'uomo);

3) il primato dell'avere sull'essere, per cui le cose valgono più delle persone, i consumi prevalgono sui valori. i bisogni sulle norme morali, al punto che ogni bisogno è legge.

L'uomo tecnologico si pone cosi al di la del bene e del male; conseguentemente tutti i valori franano e il permissivismo crea, se può, provvisori pseudovalori!

La cultura postmoderna è caratterizzata dal crollo di alcuni miti in cui il pensiero moderno ha riposto una totale fiducia.

E' crollata prima di tutto la convinzione che tutto possa essere conosciuto con certezza e che, antica illusione illuministica, il mondo possa essere totalmente spiegato dalla ragione e razionalizzato per mezzo della scienza.

E' crollato il mito del progresso indefinito, è crollato il mito della democrazia liberale come soluzione di ogni problema sociale, il mito della rivoluzione come strumento di liberazione dei popoli, è crollato il mito della scienza che realizza progressi utili all'uomo, dal momento che si e constatato che i successi della scienza, in molti casi, sono imprevisti e non voluti, quindi casuali.

E' il modello cartesiano e illuministico che fallisce e che lascia la cultura attuale senza certezze: il pensiero debole ne è la più genuina espressione.

Che cosa succede allora? Un attento studioso del fenomeno, il P. Giandomenico Mucci, in un quaderno della Civiltà Cattolica, riferisce di alcuni recenti scritti apparsi ultimamente su pubblicazioni specializzate straniere.

Stando a questi saggi, alcuni pensatori più rappresentativi del Postmodemo (in campo mondiale, solo per fare due nomi Jean-Francois Lyotard e Alasdair MacIntyre) sostengono che e giunto il momento di "rivolgersi alla complessa e misteriosa profondità delle cose e delle persone" e privilegiare la realtà che è fatta di tradizioni, di pensiero, di storia, di educazione, di ricerca, di etica...

Le affermazioni appaiono ancora piuttosto nebulose ed incerte. Si intende forse sostenere che ci si vorrebbe riferire alla concretezza dell'uomo,, ossia alla sua integrità di corpo e di anima, quindi alle sue esigenze materiali, senza trascurare quelle spirituali, morali. trascendenti?

Significa che si vorrebbe aderire a una visione integrale della realtà in cui la dimensione terrena non rifiuti e mortifichi quella ultraterrena e soprasensibile?

Difficile e prematuro esprimersi su tali aperture.

Se è così, alla cultura cristiana si apre un vasto campo di inserimento di fronte alla disintegrazione della cultura laicista che ha messo ormai da sé in crisi i dogmi e le sicumere dell'illuminismo.

La cultura cattolica deve intraprendere, col mondo laico, un discorso nuovo per l'uomo di oggi, affinché questi ritorni ad attribuire alla fede un ruolo fondamentale nella sua vita. Nel contempo, la cultura cattolica deve aiutare i non credenti a capire che la scienza non è l'unico strumento per comprendere la realtà, e che oltre ai fatti e ai dati esistono i valori e le realtà spirituali che danno, all'uomo, la forza di vivere e la speranza di andare al di là dei traguardi raggiunti.